Principi e regole per la tutela del patrimonio culturale.<br />Questioni aperte a livello europeo e a livello nazionale<br /><br />Descrizione del programma di ricerca
Per la ricerca, che ha l'obiettivo di fornire risposte a questioni fondamentali, ancora aperte, relative all’ ordinamento del patrimonio culturale, a livello europeo e a livello nazionale, anche in considerazione della particolare attenzione che l’Unione Europea dedica, attualmente, alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale, attraverso Horizon 2020, il programma può essere così sintetizzato:
- Con particolare attenzione al punto 1, significato giuridico di "patrimonio culturale" [che non appare omogeneo nel diritto europeo e nel diritto interno. Nell’ordinamento italiano, il “patrimonio culturale” è costituito “dai beni culturali e dai beni paesaggistici -fra cui, i parchi naturali e le zone di interesse archeologico” (v. artt. 2 e 142, codice del 2004). Nei Trattati relativi all’Unione Europea, il “patrimonio culturale” è solo enunciato (all’art. 3 Tr. UE, e all’art. 167, Tr. funzionamento UE). In tema, la legislazione dell’Unione Europea è assai frammentata, priva di coordinamento. Nella giurisprudenza dell’Unione Europea, si registra una recente (2014) e sorprendente sentenza della Corte di giustizia, in cui la Corte si dichiara incompetente a giudicare in tema di paesaggio perché nel diritto dell’Unione Europea mancherebbero parametri giuridici al fine di giudicare la legittimità di determinate norme legislative italiane per la tutela del paesaggio (codice del 2004). A questo riguardo, merita di essere compreso il rapporto che intercorre tra Convezione europea per la tutela del paesaggio (Trattato internazionale, promosso dal Consiglio d’Europa, e firmato a Firenze nel 2000), e ordinamento giuridico dell’Unione Europea (tanto più in quanto il Trattato è aperto, in modo espresso, alla adesione dell’Unione Europea)]:
- comprendere il significato normativo delle disposizioni dei Trattati UE, in cui compare l'espressione "patrimonio culturale";
- comprendere i rapporti giuridici tra ordinamento della UE e Trattato internazionale per la tutela del paesaggio (parte assai significativa del patrimonio culturale);
- comprendere come si relaziona il significato che nel diritto italiano assume l'espressione "patrimonio culturale" (nel codice del 2004, in base all'art. 9 della Costituzione), con il significato giuridico della stessa espressione nel diritto dell'Unione Europea, e nel diritto internazionale generale.
- Con particolare attenzione al punto 2, la mancanza di coordinamento della legislazione dell’Unione Europea, in tema di “patrimonio culturale” [Il punto non consiste tanto nella mera codificazione, intesa nell’ordinamento comunitario come semplice creazione del testo vigente di una determinata fonte legislativa più volte modificata, quanto invece nel tenere unite in modo sistematico, attraverso il metodo giuridico, le diverse fonti legislative europee rilevanti in materia]:
- illustrazione del sistema degli atti dell'Unione Europea;
- attenta ricognizione della legislazione (intesa in senso esteso) dell'Unione Europea, che risulta in tutto o in parte rilevante;
- sistematizzazione della legislazione, al fine di migliorare la sua conoscibilità (per la comunità, le istituzioni, gli operatori).
- 3) Con particolare attenzione al punto 3, la distinzione tra tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, operata dalla riforma della Costituzione del 2001 (in particolare articolo 117 Cost) non riguarda il patrimonio culturale come “valore costituzionale”; riguarda bensì il patrimonio culturale come “materia”, al fine di stabilire la misura di competenza legislativa dello Stato e delle Regioni. Tale distinzione appare problematica e controversa: tanto più, in quanto nella Costituzione laddove ci si riferisce al patrimonio culturale come valore (art 9), si parla esclusivamente di tutela (T. Montanari). Si è osservato che la riforma costituzionale ha cercato di coinvolgere le Regioni in una materia che necessariamente sfugge ad esse: di qui la nascita della valorizzazione come funzione amministrativa (S. Cassese).
- Con particolare attenzione al punto 4, l’amministrazione pubblica del patrimonio culturale, di fondamentale rilievo giuridico-istituzionale, nell’ordinamento italiano, innanzi tutto rispetto ai principi costituzionali [infatti, non è compatibile con il principio costituzionale di attribuzione delle competenze amministrative agli enti territoriali (Comuni, Province, Regioni) (principio contenuto nell’art. 118 Cost.), l’articolazione dell’amministrazione per il patrimonio culturale, tutta statale (Ministro, sovrintendenze, ecc.). Non appare compatibile, tanto più se si considera che nella Regioni speciali, l’amministrazione per il patrimonio culturale è, invece, tutta regionale (o delle Province autonome di Trento e di Bolzano). Una riflessione su questo punto è necessaria, anche a considerare i recenti (2016) regolamenti del Governo di riorganizzazione del Ministero per i beni culturali ed ambientali, che sono stati commentati per le discipline “tecnico-organizzative” che recano, e per la loro posizione nel sistema delle fonti normative, trascurando di riflettere sulla loro legittimità, rispetto ad un quadro costituzionale di riconoscimento e di preferenza degli enti territoriali allo Stato, per l’esercizio delle competenze amministrative]:
- ricognizione del sistema amministrativo (pubblico) per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, nelle regioni ordinarie e nelle regioni speciali;
- configurazione di un sistema più coerente con i principi costituzionali e più efficiente (ovvero, socialmente "più credibile").
- Con particolare attenzione al punto 5, il rapporto intercorrente tra “patrimonio culturale” e “beni comuni” [come si è già segnalato, il tema può collegarsi al tema della attuale “forza” dei vincoli sui beni culturali ed ambientali: la disciplina giuridica di ispirazione crociana, con i suoi più recenti sviluppi (1985) nel decreto-legge ideato dall’allora Sottosegretario ai beni culturali e ambientali Giuseppe Galasso (disciplina ora tutta contenuta nel codice del 2004), alla prova dei fatti risulta debole (pur essendo espressione di hard law, come si direbbe oggi), spesso tradita o calpestata, tanto che si ricorre alla “nuova”, “non giuridica” ma efficace e suggestiva espressione “beni comuni”, principalmente allo scopo di sottolineare l’attualità dell’interesse pubblico (della comunità) alla tutela dei beni culturali ed ambientali (Tomaso Montanari, Salvatore Settis), e di perseguire, con serietà ed impegno, tale interesse. Una riflessione sistematica al riguardo è assai opportuna, coinvolgendo anche categorie giuridiche generali, come quelle di demanio e di patrimonio indisponibile, e beni che sono simbolo della cultura e della ricerca (musei, biblioteche, archivi)]:
- ricognizione del significato di "Bene comune", di "bene demaniale", di "bene del patrimonio indisponibile";
- ricognizione delle principali forme di tutela (tra hard law e soft law; e tra strumenti di diritto pubblico e strumenti di diritto privato).
- Con riguardo ai centri storici, sarà sviluppata l’analisi interdisciplinare già avviata con un gruppo di studiosi altamente qualificati (seminario del 19 maggio 2017 e pubblicazione atti, sui centri storici del Veneto, già finanziato dal Dipartimento, con: Tomaso Montanari e Filippomaria Pontani, scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Franco Frison e Giorgio Massignan, architettura; e colleghi giuristi che figurano nell’elenco dei componenti del gruppo di ricerca). L’analisi potrà estendersi ai più significativi centri storici italiani e potrà riguardare aspetti sociali, economici e istituzionali, trasversali, d’interesse generale (città metropolitana, flussi turistici, trasporti, commercio, smart city, …).